La parafilia può essere definita tale solo quando i comportamenti sessuali si ripetono con frequenza e rappresentano quasi esclusivamente l’unico modo di vivere la sessualità.
Questo aspetto consente di differenziare le perversioni sessuali dai comportamenti sessuali insoliti o stravaganti.

Si può quindi affermare che la distinzione patologica nella sessualità dipende da:
l’esclusività del comportamento parafilico
la compulsività associata all’atto sessuale
l’assenza di consenso tra i partner coinvolti
L'influenza del tempo e del luogo.....
Il tema delle parafilie, o dei comportamenti sessuali atipici, è ancora oggetto di ampio dibattito all’interno della psicologia, in quanto fortemente influenzato da fattori culturali e storici.
Sebbene sia stato approfondito e descritto in numerosi manuali di psicopatologia, il concetto di parafilia rimane complesso e controverso, in parte a causa del legame con norme culturali e sessuali radicate nella mentalità comune, che variano notevolmente in base al contesto storico, geografico e religioso.
Valutare una persona rispetto alla devianza sessuale comporta infatti l’identificazione di regole ben definite per ciò che è considerato normale o patologico, sia in ambito psichiatrico sia legale. Non a caso, l’evoluzione della definizione di sessualità “perversa” in psichiatria riflette le trasformazioni avvenute nella società.
Un esempio significativo è quello dell’omosessualità, che per lungo tempo è stata considerata una perversione e persino perseguita penalmente come “atto contro natura”. Oggi, in molti Paesi, essa è riconosciuta come una forma di espressione sessuale normale.
In Italia, ad esempio, è stata legalmente tutelata attraverso la legge Cirinnà sulle unioni civili (20 maggio 2016, n. 76). Inoltre, l’omosessualità è stata definitivamente rimossa dal DSM nel 1990, dopo anni di discussioni accese sul tema.
Cosa è ordinario e cosa è deviante
...e qualche autore
La storia della sessualità ha sempre incluso desideri considerati “perversi” o interessi che si discostano da ciò che è socialmente accettato. È proprio questa deviazione dalla norma a definire la differenza tra la sessualità “ordinaria” e quella “deviante”.
Il sessuologo Alfred Kinsey, autore di un importante studio sul comportamento sessuale negli anni ’50, suggerì che la tendenza umana a seguire norme comportamentali contribuisce a creare l’aspettativa che anche gli altri debbano conformarsi a esse. In altre parole, secondo Kinsey, le abitudini e i comportamenti che adottiamo sono così radicati in noi da indurci a considerare “sbagliato” ciò che si discosta da essi.
Sigmund Freud, oltre un secolo fa, affermava che la nostra società è caratterizzata da una repressione sessuale ambivalente. Da un lato, essa promuove ordine, obblighi morali, economici e familiari; dall’altro, ci bombarda con messaggi provocatori che spingono verso la trasgressione.
Un esempio di tale ambiguità, secondo Freud, era il messaggio veicolato ai giovani nei primi decenni del Novecento: l’aspettativa di costruire una famiglia, ma al contempo la promozione di comportamenti sessuali fuori dal matrimonio, come l’infedeltà o la frequentazione di prostitute.
Anche oggi, nonostante i cambiamenti sociali, i messaggi contraddittori persistono. Basta pensare al contrasto tra le norme sessuali imposte da alcune religioni e ciò che viene mostrato dai media o trovato su internet. In particolare, la sessualità femminile è stata sempre più integrata nella cultura popolare, spesso senza una parallela educazione o consapevolezza sociale.
Negli ultimi decenni, la sessualità è divenuta un tema di studio scientifico, e si è osservato che anche coppie considerate “normali” praticano una vasta gamma di comportamenti sessuali, talvolta etichettati come “perversi”.
A questo proposito, lo psicologo sociale William McDougall ha sottolineato che molte persone nutrono fantasie sessuali insolite, senza che queste sfocino necessariamente in una condotta compulsiva, elemento cruciale per identificare una parafilia.
Robert Stoller, invece, ha fornito una definizione interessante della perversione nel suo libro Perversion: The Erotic Form of Hatred (1975), considerando “devianti” i comportamenti che si discostano dalla norma e “perversi” quelli che mirano a degradare o disumanizzare il partner, infliggendo al tempo stesso umiliazione anche a sé stessi.
Stoller, insieme a Otto Kernberg, ha ipotizzato che l’atto sessuale può includere una dose di aggressività che, se mantenuta entro certi limiti, può arricchire il legame di coppia. Tuttavia, quando l’aggressività eccede e punta a minare il rapporto, la devianza si trasforma in perversione. Quindi, non è tanto la quantità di aggressività a determinare la perversione, ma l’intenzionalità conscia o inconscia che guida il comportamento sessuale.
Inquadramento diagnostico
Per comprendere l’attuale classificazione diagnostica fornita dalla quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), è necessario analizzare l’evoluzione del concetto di devianza nelle edizioni precedenti.
Prima edizione
Nella prima edizione del DSM, pubblicata nel 1952, i comportamenti sessuali che violavano le norme sociali erano catalogati come "deviazioni sessuali". I comportamenti considerati più "perversi" venivano invece inclusi nei "Disturbi di Personalità Sociopatica". Tra questi rientravano:
il sadismo sessuale e tutte le pratiche basate sull’uso della violenza,
l’omosessualità e il travestitismo,
la pedofilia,
il feticismo.
Seconda edizione
Con il DSM-II, pubblicato nel 1968, nonostante il periodo fosse caratterizzato dalla rivoluzione sessuale, l’approccio nei confronti dei comportamenti sessuali rimaneva giudicante. La categoria delle "Deviazioni Sessuali" includeva otto comportamenti specifici:
omosessualità,
feticismo,
pedofilia,
travestitismo,
esibizionismo,
voyeurismo,
sadismo,
masochismo.
Questi comportamenti venivano associati ad attività considerate strane o eccentriche.
Terza edizione
Nella terza edizione del DSM, introdotta nel 1980, si adotta una visione bio-psico-sociale per descrivere le disfunzioni sessuali e si sostituisce il termine "devianza sessuale" con "parafilia". La parafilia veniva definita come una condizione caratterizzata da:
un uso prevalente o esclusivo di oggetti inanimati per raggiungere l’eccitazione sessuale,
attività sessuali che coinvolgono sofferenza o umiliazione di altri esseri umani, anche in forma simulata,
comportamenti sessuali ripetuti con persone non consenzienti.
Le parafilie riconosciute in questa edizione comprendevano:
feticismo,
pedofilia,
travestitismo,
esibizionismo,
voyeurismo,
sadismo sessuale,
masochismo sessuale,
zoofilia.
Inoltre, venne introdotto un elenco di parafilie considerate atipiche, tra cui: coprofilia, frotteurismo, clismofilia, misofilia, necrofilia, scatologia telefonica e urofilia.
In questa versione del manuale, l’omosessualità viene eliminata dall’elenco dei disturbi psicosessuali di tipo parafilico. Tuttavia, persiste la categoria dell’omosessualità egodistonica, riferita agli individui che provano disagio nel riconoscere e accettare il proprio orientamento sessuale, con conseguenti difficoltà emotive e sociali.
Terza versione revisionata
Nel 1987, con la revisione del DSM-III (DSM-III-R), anche l’omosessualità egodistonica viene rimossa. In questa edizione viene introdotta una classificazione della gravità dei comportamenti parafilici, che distingue tre livelli:
Comportamento parafilico lieve: il soggetto prova disagio per le proprie fantasie atipiche, senza però tradurle in azioni,
Comportamento parafilico moderato: le fantasie sessuali vengono messe in atto solo occasionalmente,
Comportamento parafilico grave: le condotte sessuali atipiche sono messe in atto ripetutamente, provocando sia soddisfazione sessuale che disagio emotivo.
Quarta versione e successiva revisione
Le successive edizioni, il DSM-IV (1994) e il DSM-IV-TR (2000), mantengono la classificazione introdotta nella versione precedente, specificando due criteri diagnostici principali:
Criterio A: il soggetto presenta fantasie, impulsi o comportamenti sessualmente atipici per un periodo di almeno sei mesi. Questi possono riguardare oggetti inanimati (ad esempio, il feticismo e il feticismo di travestimento), situazioni di sofferenza o umiliazione (come il sadismo sessuale e il masochismo sessuale) o l’interazione con bambini o persone non consenzienti (pedofilia, voyeurismo, esibizionismo, frotteurismo).
Criterio B: le fantasie o i comportamenti generano un significativo disagio personale o difficoltà nel funzionamento sociale, lavorativo o relazionale.
Le parafilie non altrimenti specificate includono comportamenti come la scatologia telefonica (telefonate oscene), la necrofilia (attrazione per i cadaveri), il parzialismo (focalizzazione su una parte del corpo), la zoofilia (attrazione per gli animali), la coprofilia (attrazione per le feci), la clismofilia (attrazione per i clisteri) e l’urofilia (attrazione per le urine).
Quinta versione
Nelle versioni precedenti del DSM, i disturbi parafilici venivano frequentemente confusi con qualsiasi comportamento sessuale considerato fuori dall’ordinario. Con l’introduzione del DSM-5 (2013), il gruppo di lavoro ha affermato chiaramente, per la prima volta, che "molte persone con desideri sessuali atipici non soffrono di un disturbo mentale".
Per diagnosticare un disturbo parafilico, è necessario che l’individuo provi un disagio personale non legato unicamente alla disapprovazione sociale, oppure che manifesti desideri o comportamenti sessuali che causano sofferenza psicologica, danni fisici o rappresentino un rischio per la vita altrui.
Inoltre, la diagnosi può essere posta se il desiderio sessuale coinvolge persone incapaci di fornire un consenso valido o che ne siano inconsapevoli.
Per sottolineare ulteriormente la differenza tra un interesse sessuale atipico e un disturbo mentale, il DSM-5 ha ridefinito, ad esempio, il masochismo sessuale presente nel DSM-IV come "Disturbo da masochismo sessuale".
Il capitolo relativo alle parafilie include otto condizioni specifiche:
Disturbo esibizionistico;
Disturbo feticistico;
Disturbo frotteuristico;
Disturbo pedofilico;
Disturbo da masochismo sessuale;
Disturbo da sadismo sessuale;
Disturbo da travestitismo;
Disturbo voyeuristico.
Un'importante novità introdotta dal DSM-5 rispetto al DSM-IV-TR riguarda il disturbo da travestitismo il quale identifica persone che sperimentano eccitazione sessuale attraverso il vestirsi con abiti del sesso opposto, ma che vivono un significativo disagio nella sfera sociale o lavorativa a causa di tale comportamento.
Mentre il DSM-IV limitava questa diagnosi agli uomini eterosessuali, il DSM-5 elimina questa restrizione, includendo anche donne e uomini omosessuali. Rispondendo a critiche che sostenevano un possibile ampliamento delle persone incluse nella diagnosi, il gruppo di lavoro ha ribadito che solo gli individui che provano un disagio significativo in seguito al comportamento possono rientrare nella categoria.
Per quanto riguarda il disturbo pedofilico, nonostante le accese discussioni interne al gruppo di lavoro, i criteri diagnostici sono rimasti invariati. Tuttavia, il nome è stato modificato da "pedofilia" a "disturbo pedofilico", in linea con le altre diagnosi, per chiarire che non si tratta di un semplice orientamento, ma di una condizione patologica.
Un ulteriore cambiamento rilevante riguarda il precedente disturbo di identità di genere, che nel DSM-5 diventa disforia di genere. Il manuale sottolinea che la non conformità di genere non costituisce di per sé un disturbo mentale; il disagio significativo associato alla condizione è il criterio centrale per la diagnosi. La sostituzione del termine “disturbo” con “disforia” ha anche lo scopo di eliminare la connotazione che il paziente sia “disturbato”, rendendo il linguaggio più appropriato e rispettoso.
Inoltre, la disforia di genere ha un capitolo dedicato nel DSM-5, distinto sia dalle disfunzioni sessuali che dalle parafilie.
Infine, va sottolineato che una persona può manifestare due o più parafilie contemporaneamente e che spesso queste vengono vissute in modo egosintonico, ovvero senza percezione di conflitto con il proprio sistema di valori o identità.
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